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Burocrazia, un macigno che pesa 200 miliardi di euro all’anno

02-09-2020
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Secondo i dati della Cgia, è il doppio rispetto all’evasione fiscale

L’Italia sta morendo di burocrazia. Un’affermazione che forse suona poco elegante dopo quanto vissuto dal nostro Paese nel periodo della pandemia da Covid-19, ma che rende bene l’idea del peso che gli sprechi e il cattivo funzionamento della Pubblica Amministrazione hanno sulle imprese italiane. Secondo la Cgia di Mestre, il danno economico annuale per i contribuenti italiani sarebbe addirittura il doppio rispetto al dato relativo all’evasione fiscale.
 
I numeri parlano chiaro: tra gli sprechi della burocrazia, i tempi della giustizia, i debiti della PA, la spesa pubblica in eccesso, il deficit logistico e infrastrutturale, la corruzione e le inefficienze dei trasporti, il totale è di oltre 200 miliardi di euro all’anno. Contro i 110 miliardi stimati per l’evasione fiscale.
 
 

Gli sprechi all’italiana

 
 
I numeri rilevati dalla Cgia di Mestre provengono da istituti autorevoli nazionali e internazionali come The European House Ambrosetti, Banca Italia, Ministero dei Trasporti, ISPE e Commissione UE. La somma di 200 miliardi di euro è composta da una serie di elementi che riducono gli italiani a moderni Sisifo, con un pesante macigno da spingere su per la montagna.
 
Nel dettaglio, il costo annuale sostenuto dalle imprese nei rapporti con la PA ammonta a 57,2 miliardi di euro. Un altro dato consistente riguarda i debiti commerciali della PA verso i propri fornitori, che è di 53 miliardi di euro. Il deficit logistico-infrastrutturale e i tempi della giustizia civile italiana penalizzano il sistema per 40 miliardi di euro ciascuno. La spesa pubblica in eccesso, che non consente la riduzione della pressione fiscale sui contribuenti, è di 24 miliardi di euro. Gli sprechi e la corruzione presenti nella sanità valgono 23,5 miliardi, mentre le inefficienze dei trasporti pubblici locali 12,5 miliardi di euro.
 
Tutto questo rappresenta una grossa zavorra da oltre 200 miliardi di euro. In un periodo storico di crisi economica come conseguenza della pandemia e del lockdown, farebbe decisamente comodo liberarsene.
 
 

I danni della burocrazia

 
 
Lo sospettavamo, ora ne abbiamo la certezza: l’Italia ha la peggiore burocrazia d’Europa. Peggio di noi fa solo la Grecia. Ogni anno le imprese italiane affrontano 57,2 miliardi di euro di spesa nel rapporto con la PA, a causa del malfunzionamento di quest’ultima. A pagare di più sono le città di Milano, Roma e Torino, con costi stimati rispettivamente per 5,7, 5,3 e 2,4 miliardi di euro all’anno.
 
È sufficiente confrontare la quantità di norme vigenti in Italia con quelle di Germania, Francia e Regno Unito per capire che la situazione non è sostenibile. In Francia sono 7 mila, in Germania 5.500 e nel Regno Unito 3 mila. In Italia, invece, sono 160 mila tra norme centrali (71 mila), regionali e locali. Questa assurda iper legiferazione, sempre secondo la Cgia, è dovuta soprattutto alla mancata abrogazione di leggi concorrenti e al numero crescente di decreti legislativi promulgati negli ultimi anni, che naturalmente richiedono una serie di decreti attuativi correlati.
 
Come si esce da questo pantano burocratico? I suggerimenti sono molteplici. Si può cominciare dall’abrogazione delle leggi scadute, passando poi per l’informatizzazione della PA promuovendo la compilazione telematica dei documenti e il dialogo tra diverse banche dati per condividere le informazioni tra settori.
 
Fonte: Corriere della Sera, Economia